mercoledì 31 ottobre 2012

I miei giovani non dovranno mai lavorare




I miei giovani non dovranno mai lavorare. Gli uomini che lavorano non sono in grado di sognare,e la saggezza ci viene dai sogni. mi chiedete di arare il terreno. dovrei quindi armarmi di coltello e lacerare il petto di mia madre? poi, quando morirò, ella non mi accoglierà nel suo seno a riposare. mi chiedete di scavare per estrarre le pietre. dovrei forse scavare sotto la sua pelle per cavarne le ossa? poi, quando morirò, non potrò entrare nel suo corpo per rinascere. mi chiedete di falciare l'erba per fare fieno da rivendere per arricchirmi come i bianchi. ma come potrei mai osare tagliare i capelli a mia madre?

Smohalla, Indiano D'America

lunedì 3 settembre 2012

Il pescatore messicano



Sul molo di un piccolo villaggio messicano, un turista americano si ferma e si avvicina ad una piccola imbarcazione di un pescatore del posto.
Si complimenta con il pescatore per la qualità del pesce e gli chiede quanto tempo avesse impiegato per pescarlo.

Pescatore: "Non ho impiegato molto tempo"

Turista: "Ma allora, perchè non è stato di più, per pescare di più?"

Il messicano gli spiega che quella esigua quantità era esattamente ciò di cui aveva bisogno per soddisfare le esigenze della sua famiglia.

Turista: "Ma come impiega il resto del suo tempo?"

Pescatore: "Dormo fino a tardi, pesco un pò, gioco con i miei bimbi e faccio la siesta con mia moglie. La sera vado al villaggio, ritrovo gli amici, beviamo insieme qualcosa, suono la chitarra, canto qualche canzone, e via così. Trascorro appieno la vita."

Turista: "La interrompo subito, sa sono laureato ad Harvard, e posso darLe utili suggerimenti su come migliorare.
Prima di tutto Lei dovrebbe pescare più a lungo, ogni giorno di più. Così logicamente pescherebbe di più.
Il pesce in più lo potrebbe vendere e comprarsi una barca più grossa.
Barca più grossa significa più pesce, più pesce significa più soldi, più soldi più barche! Potrà permettersi un'intera flotta!! Quindi invece di vendere il pesce all'uomo medio, potrà negoziare direttamente con le industrie della lavorazione del pesce, potrà a suo tempo aprirsene una Sua.
In seguito potrà lasciare il villaggio e trasferirsi a Mexico City o a Los Angeles o magari addirittura a New York!! Da lì potrà dirigere un'enorme impresa!"

Pescatore: "Ma per raggiungere questi obiettivi quanto tempo mi ci vorrebbe?"

Turista: "20, 25 anni forse"

Pescatore: "...e dopo?"

Turista: "Ah dopo, e qui viene il bello, quando il suoi affari avranno raggiunto volumi grandiosi, potrà vendere le azioni e guadagnare miliardi!!!!!!!!!!!"

Pescatore: "...miliardi?.......eppoi?"

Turista: "Eppoi finalmente potrà ritirarsi dagli affari, e concedersi di vivere..... in un piccolo villaggio vicino alla costa, dormire fino a tardi, giocare con i suoi bimbi, pescare un po' di pesce, fare la siesta, passare le serate con gli amici bevendo e giocando in allegria!"

venerdì 24 agosto 2012

L'ozio è un precetto rivoluzionario


tratto da: "Elogio dell'ozio" di Stevenson

L'attività frenetica, a scuola o in università, in chiesa o al mercato, è sintomo di scarsa voglia di vivere. La capacità di stare in ozio implica una disponibilità e un desiderio universale, e un forte senso d'identità personale. C'è in giro molta gente mediocre, semi-viva, che a malapena è consapevole di vivere, se non nell'esercizio di qualche occupazione convenzionale. Portate queste persone in campagna o a bordo di una nave, vedrete come rimpiangeranno la loro scrivania o il loro studio. Non hanno curiosità; non sanno abbandonarsi alle sollecitazioni del Caso; non provano piacere nell'esercizio delle loro facoltà se non hanno uno scopo. E se la necessità non girovagasse intorno a loro con un bastone, starebbero proprio immobili.
...

Se una persona non è felice se non rimanendo in ozio, in ozio deve rimanere. 
E' un precetto rivoluzionario!








domenica 29 luglio 2012

I colori dell'autunno


Bellissime scene autunnali accompagnate dalle note della Gymnopedie No.1 di Erik Satie

martedì 10 luglio 2012

Il diritto alla pigrizia - Paul Lafargue



Paul Lafargue, rivoluzionario, giornalista, scrittore, saggista e critico letterario francese, di ispirazione comunista, nonchè genero di Karl Marx (sposò la figlia di Marx, Laura), scriveva nelle pagine de "Il diritto alla pigrizia" un durissimo attacco all'ideologia del lavoro, vista come una forma di schiavitù, e di conseguenza un attacco anche al capitalismo, generatore di forme di schiavitù sociali:

"Una strana follia possiede le classi operaie delle nazioni dove regna la civiltà capitalista. Questa follia trascina al suo seguito miserie individuali e sociali che da secoli torturano la triste umanità. Questa follia è l'amore per il lavoro, la passione nociva del lavoro, spinta fino all'esaurimento delle forze vitali dell'individuo e della sua progenie . Invece di reagire contro questa aberrazione mentale i preti, gli economisti, i moralisti, hanno sacro-santificato il lavoro. Uomini ciechi e ottusi, hanno voluto essere più saggi del loro Dio, uomini deboli e spregevoli hanno voluto riabilitare ciò che il loro Dio aveva maledetto. Io che non mi proclamo cristiano, economo e morale , rimetto il loro giudizio a quello del loro Dio, le prediche della loro morale religiosa, economica, di liberi pensatori, le rimetto alle conseguenze spaventose del lavoro nella società capitalista."

E ancora afferma:

"Lavorate , lavorate proletari per accrescere la ricchezza sociale e le vostre miserie individuali. Lavorate, lavorate, perché diventando più poveri avrete più ragioni per lavorare e per essere miserabili. Questa è la legge inesorabile della produzione capitalista. Perché, prestando orecchio alle fallaci parole degli economisti, i proletari si sono consegnati corpo e anima al vizio del lavoro, facendo precipitare la società intera nelle crisi industriali della sovrapproduzione che sconvolgono
l'organismo sociale . Allora visto che c'è sovrabbondanza di merci e penuria di acquirenti, le officine si fermano e la fame sferza la popolazione operaia con la sua frusta dai mille lacci. I proletari, abbrutiti dal dogma del lavoro, non capiscono che il superlavoro che si sono inflitti durante il periodo di pretesa prosperità è la causa della loro miseria attuale."

"Invece di approfittare dei momenti di crisi per una ridistribuzione generale de i prodotti e il benessere universale, gli operai morendo di fame, se ne vanno a sbattere la testa sulle porte delle officine . Con figure smunte, corpi smagriti, discorsi pietosi, essi assillano i fabbricanti: "Buon signor Chagot, dolce signor Schneider, dateci del lavoro, non è la fame , ma la passione del lavoro che ci tormenta!" E questi miserabili, che hanno a mala pena la forza di tenersi in piedi, vendono dodici o quattordici ore di lavoro due volte meno care di quando avevano il pane sulla tavola. Ed i filantropi dell'industria approfittano della disoccupazione per fabbricare a migliore mercato."

Secondo il genero di Marx i “diritti dell’ozio” devono essere considerati piú sacri dei “Diritti dell’uomo”. Essi impongono di non lavorare piú di tre ore al giorno. Quando si raggiungerà questo risultato, allora finalmente lavorare sarà un piacere. Con l’aiuto delle macchine moderne ciò è diventato possibile, ma i dogmi del capitalismo ci impongono di lavorare per guadagnare e consumare, e non permettono agli individui di avere il tempo libero per esprimere al meglio le loro passioni o attitudini.
Il capitalismo è quel mostro che ha generato benefici per pochi, in cambio di briciole di progresso effimero destinate alla massa proletaria. 
Le briciole dorate, offerte dai capitalisti affamati di profitto, non valgono quanto il tempo di una vita perso a lavorare.


Le cose che possiedi alla fine ti possiedono


Il distacco dalle cose che si possiedono si impara con il tempo, quando si capisce che tutto, prima o poi, è destinato a perire. E meno ci si attacca alle cose, più si tiene alle persone.
Esiste solo una cosa che conta più del denaro, del lavoro, degli oggetti che compriamo: il TEMPO, l'unica cosa che una volta "spesa" non viene più restituita.

Badate sempre, quindi, a come spendete il vostro TEMPO.

Mark Boyle - l'uomo che vive senza denaro


Mark Boyle è un ragazzo inglese che da più di due anni (da novembre 2008 per la precisione) ha deciso di vivere SENZA DENARO e ci riesce benissimo, soddisfando tutti i suoi bisogni primari.
E' nominato the no money man.
Mark Boyle è un ex imprenditore del ramo dell’agricoltura biologica, laureato in economia e convinto sostenitore della stretta connessione tra felicità e rispetto dell’ambiente.
La sua esperienza lo ha portato due anni fa a decidere di liberarsi dal problema dei soldi, spiegando come della sua vecchia vita non gli manchino lo stress, le bollette e i conti da pagare.
Vegetariano già da sei anni, si nutre ora delle piante che coltiva, produce elettricità con un pannello solare, ha un telefono cellulare che utilizza solo per ricevere chiamate ed un notebook che si alimenta ad energia solare.
Tutto è iniziato in un pub, dice Boyle: "Il mio amico ed io stavamo parlando di tutti i problemi del mondo come ad esempio lo sfruttamento della manodopera, la distruzione ambientale, gli allevamenti industriali, la sperimentazione sugli animali e le guerre per le risorse energetiche. Ho capito che erano tutti, in un modo o nell’altro, collegati al denaro. Ho deciso quindi di rinunciare ai soldi. Ho venduto la mia casa galleggiante a Bristol e ho lasciato il mio lavoro in una società di prodotti alimentari biologici".
Se ci pensate il DENARO dovrebbe essere un mezzo per facilitare i nostri scambi di beni\servizi nella vita di tutti i giorni: spostarsi dal punto A al punto B, comprarsi da mangiare, trovare un tetto sotto cui dormire.
Avere il DENARO per soddisfare questi bisogni primari comporta avere UN LAVORO (raro da trovare e da mantenere di questi tempi) che a sua volta obbliga l'individuo a privarsi di 8-10 ore della sua vita (1/3 della sua giornata almeno) e dedicarle allo svolgimento di una mansione. Ha senso?